Le velate tende del letto a baldacchino sono chiuse,
cosicché lei non possa distinguere chiaramente la forma di colui che la
osserva.
Si sistema meglio sulle lisce coperte di raso, il bellissimo, candido e
sinuoso corpo coperto solo da una corta sottoveste in seta bianca. I
capelli, sciolti, ricadono, come un fiume dorato, sui tre cuscini,
mentre un braccio sollevato non può fare a meno di evidenziare le
morbide linee della sua figura, dall’invitante seno alla stretta vita,
scivolando per i dolci fianchi e terminando con le lunghe e perfette
gambe.
Indossa una maschera.
Tutti alla Celebrazione ne indossano una.
La Celebrazione è… la Celebrazione. Un atto di
ringraziamento a L.o.N., un’esaltazione di tutto ciò che è, di ciò che è
stato e di ciò che sarà. Conferma delle speranze di tutte le creature
viventi, festa della vita e della gioia.
Una volta ogni dieci anni, tutte le Forze del Bene si riuniscono nella
Celebrazione, abbandonandosi a canti, danze, e bevute; inneggiando alla
forza della bontà e dell’amore, e spesso finendo in qualche cantuccio
con qualche succulenta donzella.
Perché la Celebrazione è il ritorno agli impulsi primitivi, una
disperata ricerca di quella istintività che troppe regole e troppi
preconcetti della società soffocano, inesorabilmente. La Celebrazione è
la Follia, una frenesia che coglie centinaia di nobili creature.
E la cosa scatena non poca ilarità da parte dei mazoku, che però evitano
accuratamente di avvicinarsi ai festeggiamenti. Troppe energie positive,
almeno fine a che la maggioranza non abbia bevuto abbastanza.
E, come detto, tutti alla Celebrazione indossano una maschera: per
celare l’identità, il grado, le parentele. Alla Celebrazione, signori,
nessuno ha un’identità. Nessuno ne desidera una.
E Anche Philia Ui Copt quella sera aveva perso la sua; forse per qualche
bicchierino in più, tracannato un po’ troppo alla leggera, forse per le
gravi, devastanti crisi di rabbia che, ancora, costantemente,
inesorabilmente, la coglievano. Poco importava che i ricordi della
Stella Nera e della fine di Valgarv fossero ormai cosa lontana: in lei
erano vivi, ardenti. Laceranti. L’avevano condotta sulla strada del
dolore, della confusione, della solitudine.
Ella aveva smesso ormai da tempo di frequentare le Forze del Bene, di
qualsiasi occasione o festa si trattasse… ma mai e poi mai avrebbe
rinunziato alla Celebrazione. No, non si può fare a meno di celebrare la
Celebrazione.
Amava quella festa. Era come una sorta di amore ancestrale, ancorato nel
suo profondo cuore di drago; eppure, per quanto vi fosse stata fedele
negli anni, mai si era lasciata andare in quelli che aveva sempre
definito imbarazzanti e rozzi comportamenti da selvaggi. Lasciava che
fossero gli altri a denudarsi in pubblico, ubriacarsi fino a vomitare e
avere relazioni extraconiugali con chissà chi. Lei era sempre
intervenuta solo per il profondo ideale, un ideale che la commuoveva ed
illudeva, che si celava, malandrino e beffardo, dietro quella grande
festa. Ma quest’anno era diverso. Oh, sì.
Quest’anno voleva divertirsi; fondersi con la frenesia comune, tornare
ai primitivi istinti, dimentica della pessima piega che aveva preso la
sua esistenza. No, diciamola giusta. Non voleva divertirsi: voleva
annientarsi. Solo per una notte, o forse per la vita. Che differenza
avrebbe fatto?
Vagava nella folla, per la pista da ballo, l’elegante abito rosso forse
un po’ scomposto che mostrava qualche cosa in più del dovuto, il volto
accaldato coperto dalla maschera, un’elaborata struttura raffigurante un
sole incastonato in una luna.
E poi lui si era fatto avanti.
E di poco più alto di lei, ben vestito, con una strana maschera nera
come la notte e ricoperta di antichi simboli. Magnetico, eppure diverso.
Non sapeva perché quell’aggettivo le fosse venuto in mente, eppure lo
trovò incredibilmente adatto: era diverso. Non sapeva bene come, ma lo
era.
Aveva allungato una mano coperta da un bianco guanto, invitandola a
ballare. Lei, ubriaca, divertita, aveva accettato. Perché no?
L’aveva stretta, vorticando al ritmo di una musica tribale; i loro corpi
si erano allacciati, l’uno premuto sull’altro, il fiato che si
condensava all’interno delle maschere, le mani che viaggiavano in audaci
carezze.
La sua stretta era forte, sicura; eppure qualcosa lo disturbava, lo
costringeva a volte a inafferrabili scatti, che mai avrebbe percepito,
se non fosse stata così vicina a lui.
Grazie a questo indizio, Philia aveva infine intuito. Qualcuno si era
imbucato alla festa… Qualcuno di assolutamente non desiderato.
Divertita, stuzzicata, si era allungata verso di lui, in un sussurro:
“Forse è meglio appartarsi… conosco un bel posto…”
Lui scosta le tende, studiandola; indossa ancora la
maschera.
Si toglie un guanto, e la sua mano nuda la carezza lievemente… il
decolté, la base del collo… sale fino al bordo della maschera, che
stringe. Fa infine leva, nel tentativo di toglierla.
“Prima tu, straniero.” Il braccio di lei scende senza alcuna fretta,
bloccandolo. “Rivela la tua identità.”
Non vede, ma intuisce il suo sorriso divertito dietro quella strana ed
oscura maschera. La stessa mano che l’ha appena fatta rabbrividire torna
verso di lui, levando con un solo gesto la copertura del volto, che vola
lontano.
I capelli color ametista ricadono morbidi, mentre felini occhi la
studiano con divertita curiosità.
“Sorpresa?” Mormora, mentre con destrezza manda anche la sua maschera a
farsi un giro in fondo alla stanza.
Le gote di Philia sono arrossate, forse per il calore che la maschera le
ha provocato. O forse per l’alcool che ha ingurgitato. O forse per la
gioia, la paura, il desiderio di abbandonarsi a tale follia.
Xelloss Metallium si china su di lei, avvolgendola, le labbra volte alla
ricerca della gola, che assapora con passione. Le sfugge un’infantile
esclamazione, mentre le sue dita frenetiche cercano di liberarlo
dell’abito... mentre lui saggia l’infinita morbidezza della sua pelle,
le mani che s’insinuano sotto il bordo della sottoveste…
Lo sente salire sul letto, tutto il suo peso spostato sopra di lei, la
bocca premuta sulla sua, in un rabbioso bacio, così simile ad un morso
da farle girare la testa. Chiude gli occhi, il demone, assaporando il
piacere di essere spogliato da quelle lunghe ed eleganti dita. Mille
sensazioni si affollano nella sua mente: il profumo di Philia, la
morbidezza dei suoi fianchi… E la sua mano che, forzati i pantaloni,
senza alcuna esitazione si addentra verso il suo membro già da tempo
turgido.
Il respiro di Xelloss si ferma, mentre Philia glielo afferra quasi con
timidezza, perdendosi in lievi carezze, prima di chinarsi con un sorriso
divertito e assaggiarlo, le labbra allo stesso tempo vogliose e
giocherellone. Quasi con riconoscenza, anche lui si abbassa lentamente,
tracciando con la lingua un percorso ideale lungo le calde linee del suo
corpo, godendo di ogni brivido, di ogni urlo di lei.
Mentre finalmente le dita hanno trovato un varco tra le sue cosce,
scivolando lentamente a sfiorare il bocciolo che così a lungo ha
custodito; ci gioca con maestria, le labbra che risalgono fino ai suoi
capezzoli e vi si soffermano golosamente.
La mano di Philia si muove con destrezza, dalla punta alla base, le dita
che solleticano maliziosamente i punti più sensibili. Sta giocando con
lui, lo sta facendo impazzire. Ora basta preliminari…
E’ irruente. La prende con tutta la voglia per cui ha sofferto in questi
anni; la afferra per i fianchi, abbassandosi sulle sue nudità, entrando
ed uscendo con foga da quell’oscuro ed umido cunicolo, perdendosi in un
vortice di piacere che mai avrebbe creduto possibile.
Lei alza le braccia, aggrappandosi al suo collo, mordendogli una spalla,
il letto che dondola secondo il loro ritmo, e luci ed ombre confuse…
Sente quel seno stretto al suo petto, le sue cosce stringersi ai suoi
fianchi, carne premuta a carne, e nulla ha più senso se non inseguire
quella luce lontana, se non raggiungerla premendo sempre più a fondo nei
segreti di quella donna. Di quel drago. Di quel nemico.
La bella, candida schiena s’inarca, e un acuto urlo le sfugge dalle
labbra; ecco, lei ha raggiunto l’apice, lo tiene stretto, ansimando e
ricambiano un altro suo possente bacio.
La velocità aumenta, mentre la luce è sempre più vicina… sempre di più…
sempre di più…
Non urla; Philia avverte solo un lieve cambio di respiro, mentre liquido
caldo schizza dentro di lei. E’ sudato, mentre si gode gli ultimi due
colpi, i migliori…
Gli occhi s’incrociano, e le labbra si rincontrano. Quasi non ha la
forza di uscire dal suo corpo.
Si svegliò di soprassalto.
Dove…? Oh, sì. La Celebrazione…
Era appoggiata ad un tavolo, sul quale pare avesse dormito tutta la
notte; attorno a lei, altri partecipanti, ubriachi ed esausti quanto
lei, si erano addormentati un po’ dove capitava.
Frugò nella sua memoria, alla ricerca di una qualche spiegazione;
l’unica che sembrò sensata fu: ho bevuto troppo.
“Che sogno... anzi che incubo!” fece mentalmente fioretto di non toccare
mai più dell’alcool. Alcuni particolari le vennero alla mente, baci e
brividi di piacere; quasi fu costretta ad ammettere che proprio un
incubo non lo era stato. Anzi.
Mentre gli occhi blu saettavano qua e là, alla ricerca di non sapeva
bene neanche lei cosa, fu su un oggetto che si soffermarono con enorme
sorpresa.
Davanti a lei, poggiata sul tavolo e agghindata con una rosa rossa, vi
era una strana maschera, nera, adornata di antichi simboli.
“Oh, no…”
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